Le passioni visive di Marino Marini

Le passioni visive di Marino Marini

di Giuseppe MASSIMINI

Un’ampia rassegna a Pistoia ripercorre tutte le fasi della sua ricerca dagli anni ’20 agli anni ’30




In una stagione espositiva dominata da mostre non del tutto innovative fuori dal coro “Marino Marini. Passioni visive”, Pistoia, Palazzo Fabroni, fino al 7 gennaio. Curata da Barbara Cinelli e Flavio Fergonzi (catalogo Silvana Editoriale) è la prima importante retrospettiva per qualità e quantità di opere dedicata ad uno dei più grandi interpreti della scultura italiana del Novecento non ancora sufficientemente indagato. La mostra ripercorre tutte le fasi della sua ampia ricerca artistica dagli anni Venti agli anni Sessanta. Il percorso si snoda in dieci sezioni. Ognuna è caratterizzata dal confronto diretto tra le opere dello scultore (Pistoia 1901-1980) e quelle di altri grandi artisti del passato che furono per lui oggetto costante di ispirazione e riflessione. A partire dall’antichità egizia fino al raffronto con le opere dei suoi contemporanei con cui strinse rapporti di profonda amicizia.




La prima sezione si apre con i busti degli esordi affiancati ai canopi etruschi e a busti rinascimentali. Il “Popolo”, la terracotta del 1929, passaggio determinante della sua svolta arcaica si misura con un Coperchio di cinerario con defunto e iasa, inizio del IV secolo a.c., proveniente dal Museo Archeologico di Firenze. Verso la metà degli anni Trenta Marini si concentra sul nudo virile e si misura con la ricchezza di motivi plastici e, sempre negli stessi anni, reinventa il significato stesso del ritratto attingendo ai modelli del passato specialmente all’arte egizia. “Tutti i miei ritratti rappresentano il personaggio definito con il suo nome ma, anche, un ritratto dell’umanità di oggi, cioè di un’umanità inquieta tormentata”.

Da sinistra Cavallo, Nuotatore, Tobiolo di Marino Marinirte




Un’altra sezione accoglie i celebri primi grandi “Cavalieri” dei secondi anni Trenta. “Sono scesi, scrisse nel 1941 Filippo De Pisis, in una lucida alba del Partenone per farsi umani e per cavalcare nelle vie degli uomini”. Si prosegue con la serie delle “Pomone” e altri nudi femminili tra “rappresentazione realista” e “assoluto plastico”. Sono in mostra insieme ai nudi di Ernesto De Fiori e di Aristide Maillol, che rifuggono “tutti i legami con ogni modello naturale e norma espressiva”. Altra tappa fondamentale del percorso di Marino Marini, a partire dal 1936, è il tema del “Cavallo e Cavaliere”, la sua invenzione più alta e poi più volte ripetuta e di cui la mostra odierna dedica più sezioni. Negli anni cinquanta nel clima delle ricerche post cubiste, le sue opere giungono al limite dell’astrazione ma conservando intatte la forza espressiva e la capacità inventiva (“L’idea del Cavaliere”, 1956). La mostra si chiude con piccoli e grandi “Guerrieri” e “Giocolieri” e le “Figure coricate” degli anni Cinquanta e Sessanta, in dialogo con le opere dell’antica tradizione toscana di Giovanni Pisano e, insieme, con le soluzioni più sperimentati di Picasso e di Henry Moore. Dopo Pistoia la mostra si trasferisce dal 27 gennaio al 1 maggio alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia.




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