Legrottaglie: “Lazio, la società deve “riaccendere” la squadra: ritiro ok solo se momento di confronto”

Legrottaglie: “Lazio, la società deve “riaccendere” la squadra: ritiro ok solo se momento di confronto”

L’ex difensore di Chievo, Juventus e della Nazionale, Nicola Legrottaglie, è intervenuto sugli 88.100 di ElleRadio nella trasmissione Laziali On Air, condotta da Danilo Galdino e Fabio Belli:




Leggendo i commenti su Chievo-Lazio mi ha colpito la delusione di Inzaghi e la durezza nel giudicare il primo tempo, affermando che avrebbe sostituito undici giocatori. E’ probabile che il calo della Lazio sia psicofisico, l’equilibrio di squadra poi è fondamentale: quando un giocatore non gira al meglio ne risentono anche gli altri. La squadra deve capire come riaccendere la fiamma ed è l’intera società che deve muoversi, se la testa funziona, funziona anche il corpo: serve un restyling e capire come intervenire per aiutare i giocatori e non sparargli addosso, perché significherebbe sparare a sé stessi.




Ne ho fatti tanti di ritiri, soprattutto in momenti in cui la squadra non rendeva al massimo. Non credo che il ritiro debba mai essere punitivo, ma deve essere un’opportunità per trovare unità di intenti e ritrovarsi come una famiglia, vedo positivo in questo senso il ritrovarsi in ritiro. Si comincia con l’arrabbiatura del presidente e i giocatori che restano sulle loro, quasi senza parlarsi. Un ritiro del genere non funziona, serve stimolare l’interazione per parlarsi e capire gli aspetti che vanno migliorati.




Non c’è una regola tra difesa a tre o a quattro per avere una preferenza. Il modulo di un allenatore è sempre in funzione degli elementi a disposizione dell’allenatore, con determinate caratteristiche la difesa a quattro può aiutare in fase di palleggio, ma dipende come si vuole costruire il gioco. Spesso anche chi difende a quattro in alcune fasi passa a tre: se i terzini sono forti ci si può mettere a quattro sfruttando la superiorità sulla fasce, ma sono dinamiche che può capire e interpretare bene solo l’allenatore che vive la squadre: si lavora per principio, ovvero sulla palla, su come attaccare la palla e mettere in difficoltà gli avversari, e non sugli schemi fini a sé stessi.




Redazione

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