Arte | Jim Dine a Roma a Palazzo delle Esposizioni

Arte | Jim Dine a Roma a Palazzo delle Esposizioni




di Giuseppe MASSIMINI

Fino al 2 giugno, una grande mostra dell’artista americano. Ottanta opere, tra dipinti e sculture, dal 1959 al 2018




Una voce ruggente e dotta e difficilmente classificabile. Come artista non si è mai riconosciuto negli schemi imposti dalla critica e tantomeno dal mercato. Molto spesso è stato considerato parte della Pop Art ma ne ha sempre preso le distanze. Palazzo delle Esposizioni a Roma ospita, fino al 2 giugno, la mostra Jim Dine (Cincinnati, 1935), uno dei più grandi interpreti, di fama internazionale, dell’arte americana contemporanea. La rassegna, ideata e organizzata da Azienda Speciale Palaexpo e curata da Daniela Lancioni in stretta collaborazione con l’artista, ripercorre, attraverso 80 opere, l’intero arco del suo lavoro dal 1959 al 2018. Buona parte delle opere esposte, sono quelle donate nel 2017 dall’artista al Centre Pompidou di Parigi. “A queste opere, spiega la curatrice, ne abbiamo aggiunte altre, lavorando in stretta collaborazione con l’artista”. Ad accogliere i visitatori i primi lavori, piccole teste del 1959, per lo più autoritratti realizzati dal maestro appena ventenne. Si prosegue con un focus di immagini fotografiche dedicate agli happening scattate dai principali testimoni dell’avanguardia newyorchese e commentate dalla voce dello stesso Dine che ricorda la sua breve ma seminale stagione di performes che si concluse alla fine del 1960. “Ho voltato le spalle a quel mondo della performance, volevo impegnarmi nel mio lavoro di pittore e scultore”. Nelle successive sale i dipinti realizzati tra il 1960 e 1963 quando si riappropria della pittura per contaminarla con gli oggetti della vita di tutti i giorni: dai capi di abbigliamento maschile come la scarpa del bellissimo Shoe, 1961, agli strumenti da lavoro (vanghe, asce, tenaglie, martelli …).

Da sinistra Putney Winter Heart, Pinocchio, Shoe di Jim Dine




Sfilano alcuni suoi capolavori come Window with an Axe del 1961, Black Shovel del 1962 e cinque degli otto lavori presentati alla Biennale di Venezia del 1964. Si passa alle sculture di alluminio e alle opere codificate come autoritratto: in My Tuxedo Makes an Impressive Blunt Edge to the Light, lo smoking dell’artista è addossato alla tela come se fosse dipinto. Una intera sala è dedicata ai cuori realizzati nell’inverno del 1970-71 nel piccolo studio di Putney nel Vermont. A dominare la sala il grande cuore di paglia (Straw Heart) esposto all’Andrew Dickson White Museum of Act di Ithaca, New York, nel 1967. L’interesse del visitatore si sposta poi sulle sculture in legno, dal modello della Venere di Milo, dipinte con una gamma di colori diversi e con i fianchi cinti da “una ghirlanda di strumenti” da lavoro. Il percorso si chiude in modo spettacolare. Affollano l’ultima sala tanti Pinocchio, recenti sculture di legno ispirate al personaggio di Collodi, incarnazione dell’antica metamorfosi della materia inanimata che prende vita. “E’ appropriato fare di legno questo personaggio … il legno e una cosa viva.” Accompagna la mostra un ricco catalogo edito da Quolibet e una serie di eventi collaterali. Da non perdere mercoledì 18 marzo alle ore 19.00 un reading con Jim Dine e giovedì 2 aprile alle ore 18.30 la mostra raccontata dalla curatrice Daniela Lancioni




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