L’intervista a Petrachi: “Alla Roma nel periodo natalizio ci fu un episodio significativo. Impossibile lavorare se ti remano contro”

L’intervista a Petrachi: “Alla Roma nel periodo natalizio ci fu un episodio significativo. Impossibile lavorare se ti remano contro”

di Gianluigi Pugliese

(foto di © Gian Domenico SALE – www.photosportiva.it)

Gianluca Petrachi ai microfoni di Radio Radio è tornato a parlare a ruota libera del suo presente, del suo futuro ma soprattutto del suo passato.

Parole al miele per Zaniolo, Belotti e Immobile (gli ultimi due acquistati ai tempi del Torino).

Licenziato per giusta causa dall’allora società di Pallotta, l’ex ds cercherà di dimostrare il contrario. Ieri pomeriggio però, a mente lucida e senza usare frasi di circostanza ha ripercorso il suo travagliato lavoro in giallorosso.

Ti ha mortificato la fine dell’avventura alla Roma?

Si perché sono venuto con tanto entusiasmo. Non vedevo l’ora di iniziare il lavoro perché so che Roma non è una piazza semplice. Ho dovuto discutere a lungo con Cairo per approdare alla Roma. Sono uno testardo. C’è da dire che con il presidente granata siamo cresciuti insieme sul lato professionale. Siamo riusciti a fare cose straordinarie sia a livello societario (vedere le plusvalenze), sia a livello tecnico.

Tornando alla Roma, l’obbiettivo era venire quì, rispettare le aspettative della società e provare a cambiare la rotta di una squadra che non vince da anni

Sei tu che non ti sei fatto capire o gli altri che non ti hanno capito?

Credo mi abbiano capito bene, infatti nei primi sei mesi le cose andavano alla grande. Ho provato in tutti i modi a compattare il gruppo facendo uso di regole ben precise, regolamenti interni, spiegando a tutti che per essere vincenti bisogna partire dalle fondamenta. Se si affronta una stagione senza una disciplina interna e anzi, quando hai bisogno di un supporto e qualcuno della “tua famiglia” trama contro di te è evidente cha hai già perso. Io credo che l’essere uniti e compatti porta a vincere. Di certo non vai da nessuna parte se chi ti dà una pacca sulla spalla appena gira l’angolo parla male.

Dovevo sentirmi libero di allontanare dei soggetti ma la società non mi dava la forza di farlo, per cui era inevitabile andare incontro ad una lenta morte professionale.

Quando hai cominciato a sentirti un uomo solo? C’è stato un episodio in particolare?

Un episodio è significativo. Verso il periodo natalizio (venivamo dalla splendida vittoria di Firenze per cui le cose andavano bene rispetto a quanto chiesto dalla dirigenza), mandai un messaggio di auguri a Pallotta ma lui non mi rispose mai. Io ci sono rimasto male e mi sono chiesto se fosse successo qualcosa. Lì forse ho capito che mi stavano scavando la fossa in maniera subdola. Ho sperato che le cose cambiassero, magari un confronto con il presidente. Niente di tutto ciò. Pallotta non aveva i consiglieri giusti. Gli arrivavano notizie false.

Non credi di aver avuto un impatto comunicativo troppo feroce che ti ha creato da subito problemi con la società e con l’ambiente?

Questo lascia il tempo che trova. Quando mi hanno scelto sapevano come fossi. Ho sempre messo delle regole agli altri e a me. Dovevo quindi anche mettere dei paletti comunicativi. Tanti giornalisti non vedevano l’ora si inclinasse il mio rapporto con il club in modo tale da scrivere di tutto e di più sul mio conto. Mi aspettavo una difesa da parte della società che invece non c’è stata.

Rimanderesti quel messaggio a Pallotta?

Il mio era un messaggio di confronto, che poi non c’è mai stato. Gridavo aiuto. Volevo che le cose andassero per il meglio, volevo mettere in chiaro ciò che all’interno di Trigoria non mi piaceva ma non mi è stata data possibilità di farlo. Volevo cambiare il trend della Roma perché se non si vince è per questo, non di certo per i tifosi, scordiamocelo! Il tifoso vive di Calcio. Per un tifoso della Roma la Roma è più di una fede.

Hai dovuto rispettare dei parametri imposti dalla società. Ma nel momento in cui sceglievi un giocatore, eri libero di farlo o c’era chi metteva bocca sulle trattative?

Assolutamente no, ero libero di fare il mercato. Qualcuno diceva che Baldini metteva bocca ma non è vero. Ero libero di scegliere. Il problema era un altro. Diventare vincenti come stavo dicendo prima, vuol dire creare un gruppo di lavoro unito che rema dalla stessa parte e non avere gente all’interno che spera che le cose vadano male. Bisognava stare attenti anche a parlare di tattica perché c’era chi faceva la spia.

Ad esempio c’era chi diceva che a Sassuolo sono stato cacciato via da Fonseca. Falsità. La notizia uscì subito dopo e la cosa che dà fastidio è che c’è qualcuno che strumentalmente diceva che Petrachi è stato cacciato dallo spogliatoio. Chi l’ha fatta uscire la notizia? I calciatori? Non credo! E allora come si può vincere così?

Chi ti ha convinto che Pau Lopez fosse il portiere giusto?

Credo che Pau sia un bravissimo portiere e credo che nel girone di andata della scorsa stagione lo abbia dimostrato. Probabilmente fino al derby. Dopo quella partita le cose sono cambiate perché quell’ errore gli ha fatto perdere fiducia. Poi si è rotto il polso quindi ecco un ulteriore problematica. Può uscirne fuori solo lui da questa situazione complicata. Se si ritrova sono convinto che tornerà quello che gli ho visto fare. Non a caso delle squadre importanti della Premier avevano chiesto di lui nel corso della stagione. Altra cosa: ho letto ovunque che è stato pagato 30 milioni. Non è così. 18 milioni più il 50% del cartellino di Sanabria.

Due nomi: Fonseca e Conte. È vero che hai provato a convincere il tecnico leccese?

Se ne sono dette tante. La verità la sappiamo io Antonio e un’altra persona. Magari fra tanti anni uscirà fuori come spesso accade nel Calcio. Di Fonseca mi è piaciuto molto il suo credo calcistico. La sua idea di partire dal basso. Certo è che in Italia le cose si fanno più complesse. Sicuramente ha delle straordinarie qualità ma deve perfezionare qualcosa per diventare un top.

Non pensa che se avessi usato un po’ di calma forse avrebbero vinto le tue idee?

Io sono un tipo istintivo. Avevo fame, voglia di fare e credevo in quel gruppo. Ho sentito dire che non ero amato dai calciatori. Se volete vi faccio leggere i messaggi d’affetto da parte loro. Credo che con gli atleti si debba essere sinceri: bastone e carota. Bisogna mettere le cose in chiaro dal primo giorno. Da subito ho provato ad allontanare chi andava in giro a dire malignità. Zaniolo ad esempio è un ragazzo splendido. L’ho rimproverato quando ce n’è stato bisogno, ha pagato una volta una multa perché non ha rispettato le regole interne ma poi è venuto in ufficio a Trigoria da me a chiedere scusa.

Torneresti alla Roma?

Chi non lo farebbe. Parlai con Sabatini (che è stato mio ds quando giocavo col Perugia) poco prima di iniziare la mia avventura, mi disse che la Roma ti rimane dentro. Se un giorno tornerò devo avere la forza nel fare determinate cose e la forza ce l’hai solo se hai una grande società alle spalle. Fabio Capello che era Fabio Capello, alle spalle aveva un certo Franco Sensi. Senza di lui non credo che Capello sarebbe bastato.

Non pensa che sarebbe stato giusto incontrarsi con i Friedkin?

Io non sono il malato che ha bisogno del dottore. Sono loro che hanno bisogno di un ds, che sia Petrachi o un altro. Incontrai i legali prima del blocco del campionato quando già si era vicinissimi nel chiudere la trattativa. Sanno come la penso. Oggi mi godo la famiglia dopo 16 anni ininterrotti di Calcio anche se so che a lungo quest’astinenza inizierà a pesarmi. La cosa che mi manca davvero è seguire le partite negli stadi, live come piaceva a me.

Che calcio mercato è questo? Chiesa andrà alla Juve?

Commisso ha fatto tanto per tenerselo lo scorso anno. Quest’anno non so cosa accadrà ma credo che le avance continue della Juve non sono una novità.

C’è qualche società che si è avvicinata a Gianluca Petrachi?

Si. C’è una squadra molto importante che mi ha chiamato ma al momento c’è da aspettare. Vediamo se più in là può accadere qualcosa. L’apprezzamento nei miei confronti mi ha gratificato.

Nella tua intervista post COVID avevi detto che avevi visto la squadra scarica e molle. In molti ti hanno criticato per quelle parole. Da lì la Roma perse tre partite di fila. Forse avevi visto lungo.

Potevano diventare quattro se Dzeko non si inventa quei goal con la Samp. Si, scherzi a parte dopo il lockdown avevo visto in realtà una squadra carica. Siccome i giocatori vanno tenuti sempre sulla corda, da un giorno all’altro i ragazzi erano come demotivati. Il mio era un grido di allarme. Io gli allenamenti li vedo. Quando un giocatore pretende di giocare cerco sempre di fargli capire che se non viene preso in considerazione è perché non lo merita. Se dai tutto, il campo ripaga sempre. Faccio l’esempio di Ibanez. All’inizio era leggerino e molle. Spaesato, tipico atteggiamento del brasiliano che viene in Europa. Ci ho parlato e gli ho fatto capire che se non ci avesse messo determinazione e impegno, il campo non lo avrebbe mai visto. Il ragazzo ha capito e ha cambiato subito registro.

 

Redazione

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