Mario Menasci, idee sinonimo di qualità

Mario Menasci, idee sinonimo di qualità

di Lorenzo Petrucci

A volte fermarsi un attimo per poi ripartire è una mossa giusta nella vita come nel lavoro. Sempre più allenatori negli ultimi anni, dopo esperienze precedenti alla guida di squadre di calcio decidono di prendersi un breve periodo di pausa. Non per riposarsi ma per accrescere il proprio bagaglio di esperienza in altri settori e tornare poi con un’esperienza sicuramente più ricca.
Ne è un esempio Mario Menasci che, dopo i lunghi anni formativi come allenatore nel settore giovanile della Lazio con risultati molto positivi come un campionato concluso a punteggio pieno con i Giovanissimi 2002 biancocelesti, ha preso questa stagione per arricchire le proprie conoscenze e tornare magari quanto prima in sella ad una panchina come un allenatore sicuramente formato.
Un tecnico, unico in Italia alla sua età, già con i titoli di patentino da allenatore Uefa A e B, di Osservatore FIGC e prossimo Match Analist AIAPC.
Un bagaglio ricco per un allenatore a cui già più di qualcuno potrebbe aver fatto un pensiero.

 

Come hai trascorso quest’anno lontano dal campo?
“Nonostante l’assenza del campo dopo qualche mese inevitabilmente manchi un po’ devo ammettere che è stato un anno nel quale ho cercato di crearmi degli stimoli alternativi ed altrettanto funzionali alla mia crescita. Mi sono concentrato principalmente su due aspetti: il primo, lo svolgimento di corsi che potessero ugualmente ampliare il mio bagaglio di esperienze e competenze. In questo sia il corso per Osservatori organizzato a Coverciano dal settore Tecnico che quello da Match Analisys che svolgerò prossimamente a Milano con l’AIAPC (Associazione Italiana Analisti Performance calcistica) rappresentano due tasselli estremamente importanti e che volevo inserire già da un po’. Un allenatore deve saper variegare le proprie competenze sia per avere gli strumenti idonei per saper programmare la propria attività che per affrontare le problematiche che inevitabilmente fanno parte del nostro quotidiano professionale.
In secundis, mi sono concentrato nell’osservazione e nello scouting di calciatori e di allenatori. In particolare su questi ultimi, è importante saper cogliere i dettagli e le sfumature che ogni tecnico presenta e che lo rende unico nel suo modo di comunicare di lavorare sul campo e di saper gestire un gruppo, a prescindere dalla categoria in cui allena. Non è un caso che la maggior parte delle sedute a cui ho assistito durante l’anno sono state di prime squadre che militano tra la seconda categoria e l’eccellenza; ritengo che l’essenza e la magia del calcio vada ricercata dove spesso si pensa, erroneamente, di poter trovare poco o nulla.

L’importanza match analysis nel calcio, il suo compito principale, a cosa serve e i software utilizzati.
“Preliminarmente ringrazio il coordinatore del corso Mario Savo (Presidente dell’A.I.A.P.C. e vincitore del Player’s Player Award HackMcfc organizzato dal Manchester City ndr) per avermi dato questa stimolante opportunità. Ritengo oggigiorno determinante per un professionista la capacità di saper lavorare con software specializzati nella raccolta e nell’elaborazione di dati numerici relativi alle performance sportive. La Match Analysis può essere focalizzata sia sulle performance dei propri componenti che sugli avversari, aiutandoci ad individuare aree di miglioramento sulle quali andare a sviluppare la propria programmazione del lavoro settimanale. Faccio un semplice esempio: se conosco le zone di campo nelle quali la mia futura avversaria recupera statisticamente meno frequentemente la palla potrò utilizzare quel numero, che in sé è un dato grezzo, per poter calibrare i miei principi di gioco in fase di possesso palla anche sulla debolezza altrui. Oramai i sistemi moderni permettono di poter elaborare anche i dati rilevati con il GPS durante le sedute d’allenamento e collegandoli al software avere delle analisi complete sulla correlazione tra sforzo fisico effettuato, inteso con i parametri espressivi di capacità metaboliche, di forza etc.. e comportamento tattico del calciatore.”

Non ricopri il ruolo di allenatore dopo l’esperienza di tre anni nel settore giovanile della Lazio, puoi parlarci del tuo futuro a breve?
“Il primissimo immediato obiettivo, come anticipato precedentemente, è il superamento del Master sulla Video Analisi che si terrà a Milano in maggio. Per quanto riguarda il futuro prossimo sicuramente ci sono stati dei contatti ma al momento preferisco non sbilanciarmi, i campionati sono ancora in corso e penso sia corretto rispettare il lavoro di tanti colleghi impegnati nella fase conclusiva della loro stagione.

C’è qualcosa che ti è mancato nella figura di allenatore in questa stagione? “Mi sono mancati tanti aspetti, in particolare il rapporto e la quotidianità con i ragazzi e con lo staff. Un gruppo squadra realmente unito e legato rappresenta un veicolo di emozioni e di benessere che può trovare corrispondenza solamente nel rapporto che si ha con i propri cari. Oltre a ciò, aggiungerei la capacità di stimolare la mia personale creatività: da un punto di vista didattico ho sempre basato il mio lavoro sul campo, seppur seguendo una progressione didattica specifica, sul principio della novità” e pertanto variando e differenziando le esercitazioni proposte in modo da creare interesse e stimolare l’attenzione dei calciatori. Ecco, quest’anno sotto questo punto di vista sono stato davvero carente!!!”( ride) 

Dal punto di vista metodologico quali potrebbero essere degli spunti interessanti che riproporresti in una tua futura esperienza in panchina?
“A differenza di altri ritengo il calcio uno sport non semplice ma complesso, formato da un indeterminato numero di variabili che il calciatore deve saper affrontare e risolvere in cooperazione con i propri compagni di squadra. A tal fine la didattica deve essere costruita su ciò che il calciatore affronterà più verosimilmente nel corso della partita, sapendo che sarà impossibile ricostruire ogni singola situazione di gioco ma che allo stesso tempo abbiamo la possibilità di fornirgli gli strumenti idonei per aiutarlo nelle scelte, le quali devono essere specifiche ed efficienti. Solo la conoscenza unanime di questi strumenti determina il pensiero collettivo di squadra. Nel mio modo d’intendere per esempio, la lettura sulla giocabilità della palla, l’occupazione degli spazi in campo e le rotazioni di gioco rappresentano alcuni tra i principi cardini sui quali i calciatori devono avere le idee chiare. I numeri dei sistemi di gioco ed i ruoli in campo in questo ritengo siano assolutamente marginali.

Che tipo di evoluzione si sta delineando nel calcio regionale laziale? Puoi fare un focus sulle categorie che hai maggiormente seguito in questo periodo non in panchina (Giovanissimi fascia b elite, Giovanissimi elite e Under 15) e chi secondo te sono le favorite?
“In linea di massima le generazioni tra il 2003 ed il 1998, che attualmente militano nei campionati agonistici, sono contraddistinte da un livello abbastanza alto; a conferma di ciò sovvengono anche i recenti risultati raggiunti dalle nostre rappresentative regionali nei vari Tornei delle Regioni.
Per quanto riguarda il campionato Giovanissimi elite probabilmente la Lodigiani è la compagine che dal punto di vista dell’essere squadra e della solidità generale ha fornito maggiori risposte, non scontate soprattutto in considerazione della cessione avvenuta la scorsa estate nel reparto avanzato. (Di Chio passato alla Lazio ndr). Non dimentichiamo anche l’Urbetevere, la quale, nonostante le tante cessioni nel professionismo, per mentalità e fame agonistica non è mai seconda a nessuno. Per quanto riguarda i Fascia B Elitè, la Roma è cresciuta molto e probabilmente è la squadra più’ completa; tuttavia anche la Lazio per potenziale tecnico in fase offensiva può rappresentare una autorevolissima candidata alla vittoria finale. Tra le belle sorprese di questo campionato menziono sicuramente il Tor di Quinto e la sua impeccabile organizzazione difensiva e la Romulea di Mei, una delle poche squadre viste quest’anno in grado di mantenere il possesso corto della palla anche in situazioni particolarmente complesse.
Nei campionati Under 15 Nazionali l’Inter è senza dubbio per abilità tecniche la squadra favorita per il titolo finale. Un plauso particolare vorrei farlo agli Under 15 Lega Pro dell’Unicusano Fondi, attualmente impegnati nelle fasi finali nazionali: parte della squadra era con me alla Lazio (Pesciallo, Zona Valdes, Ramazzotti, Pacenza ndr) e conoscendo le loro qualità umane il rendimento così elevato non mi stupisce affatto.

In cosa secondo te il calcio laziale può migliore in cosa è già tra i più qualitativi a livello nazionale, facendo anche alcuni paragoni con le altre regioni?
“Penso che il grande miglioramento debba essere svolto in sede organizzativa. Molte altre regioni, per esempio la Toscana e l’Emilia Romagna, al posto dei fascia b elite hanno dei campionati professionistici nei quali abituano il giovane calciatore a ritmi più simili a quelli che troveranno nei campionati nazionali negli anni successivi e pertanto ad innalzare il livello delle loro prestazioni. Da un lato è vero che il Lazio al momento ha poche società professionistiche, ma allo stesso tempo è altrettanto vero che Umbria ed Abruzzo si trovano in una situazione analoga alla nostra. Ritengo meno funzionale avere promozioni e retrocessioni se poi i nostri migliori calciatori non possono crescere valorizzando al massimo le proprie potenzialità in confronti sempre competitivi. Pertanto, unire forza ed idee in un caso del genere può aiutarci a crescere calciatori migliori.“

In quali ruoli hai notato più carenze nei campionati Giovanissimi?
“Soprattutto con i 2003 ritengo non altissimo il livello tecnico dei difensori esterni; ruolo invece determinante per creare in fase di possesso palla sia in uscite sicure in ampiezza che superiorità numerica in fase di costruzione e rifinitura. Mi piacerebbe vedere inoltre la valorizzazione del centrocampista assiale, ovvero di quel calciatore che presenta alti parametri tecnici in grado di giocare sia davanti la difesa che, a seconda degli sviluppi di gioco, anche tra le linee alle spalle dell’attaccante centrale. Ritengo determinante saper creare degli adattamenti al proprio sistema di gioco in grado di togliere riferimenti precisi in campo.

Possiedi il patentino da allenatore di Uefa A e B, oltre a quello di osservatore e a quello di match analysis di cui devi sostenere l’esame, che profilo ti stai delineando e tutte queste specializzazioni in cosa si accomunano?
“Si accomunano nella volontà di migliorarsi sempre, sapendo che quello che oggi si conosce già domani diventa storia. Per riuscire a crearsi una propria credibilità è fondamentale avere le conoscenze giuste per saper guidare uno staff, saper parlare ad un ragazzo, sapersi confrontare con il proprio Responsabile e tanto altro. E nel mio modo di pensare non ci saranno mai altri percorsi che quelli legati al sacrificio, alla passione ed all’acquisizione di nuove competenze.  Altre e differenti scorciatoie non fanno e non faranno mai parte della mia persona.

Pensi che nel calcio manchi la figura di scouting di allenatori per creare tecnici bravi che possano formare giocatori bravi?
“Questa è una domanda intelligente che sottende una verità assoluta. Purtroppo in Italia sotto questo punto di vista siamo molto dietro: la scelta dei tecnici spesso avviene in maniera un pò casuale o politica, intendendo quindi legata ad un giro di conoscenze che si ha ma magari senza aver mai visto una seduta d’allenamento dell’allenatore. In generale, i tecnici più’ giovani che arrivano nel professionismo o nei campionati Primavera, tranne rarissime eccezioni, sono già sulla soglia dei 40 anni. Tardi! Mentre per quanto riguarda i calciatori il problema è quasi l’opposto, nei confronti dei tecnici manca il coraggio di osservare, studiare le qualità individuali di ognuno ed avere criteri di classificazione e valutazioni obiettivi.
In questo la Germania è stata maestra, lanciando in Bundesliga un allenatore di soli 29 anni (Nagelsmann ndr) che sta dimostrando d’essere tranquillamente all’altezza; da noi invece se a quell’età hai una panchina nei campionati regionali già sei un fortunato.
La differenza in questi casi la fa principalmente il coraggio di chi decide. Questo poco coraggio determina l’impossibilità per i giovani allenatori di professionalizzarsi, con danno per i calciatori i quali, per diventare bravi, necessitano di allenatori che lo siano altrettanto.

 

Lorenzo Petrucci

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *