“Il Rosso e il Nero”: una trasmissione che sa di vecchio

di Eraclito CORBI
Da qualche tempo su Rai Radio 1 va in onda Il Rosso e il Nero, programma condotto da Vladimir Luxuria e Francesco Storace, due figure che, pur provenendo da opposte aree politiche, hanno in comune un lungo passato sulle spalle. Un format che, almeno sulla carta, vorrebbe offrire un dibattito acceso e bilanciato, ma che in realtà sembra più un’operazione nostalgica che un prodotto davvero innovativo o utile per il pubblico.
Vecchie facce, vecchie dinamiche
Luxuria e Storace non sono certo nomi nuovi nel panorama politico e mediatico italiano. Hanno già occupato per anni ruoli istituzionali, partecipato a trasmissioni televisive, scritto libri e rilasciato interviste su ogni possibile tema. Insomma, hanno avuto tutto lo spazio e tutte le occasioni per esprimere le loro opinioni, spesso finanziate dalle stesse risorse pubbliche che oggi alimentano il loro nuovo show radiofonico. La domanda è inevitabile: era davvero necessario affidare a loro l’ennesima trasmissione, piuttosto che dare spazio a volti nuovi?
Un’occasione sprecata per i giovani giornalisti
Il giornalismo italiano è pieno di giovani talentuosi, spesso precari o addirittura disoccupati, che faticano a trovare una minima opportunità per emergere. Invece di investire su di loro, la Rai preferisce continuare a puntare su personaggi ormai bolliti, che hanno già sfruttato abbondantemente il sistema mediatico e le risorse pubbliche per costruire le proprie carriere. Possibile che non ci fossero giovani professionisti in grado di portare freschezza e nuove prospettive alla radio pubblica?
Un programma di approfondimento politico potrebbe essere l’occasione perfetta per valorizzare voci nuove, capaci di offrire punti di vista meno prevedibili e un linguaggio più vicino alle nuove generazioni. Invece, Il Rosso e il Nero ripropone il solito teatrino della politica-spettacolo, in cui due figure ben note si confrontano senza mai davvero sorprendere o innovare.
La Rai e il bisogno di rinnovamento
La televisione e la radio pubblica dovrebbero avere il compito di promuovere il rinnovamento culturale e professionale, non quello di garantire un eterno palcoscenico agli stessi nomi di sempre. Continuare a puntare su chi ha già avuto tutto lo spazio possibile significa soffocare le possibilità di chi ancora sta cercando di costruirsi una carriera, con il risultato di rendere il panorama mediatico italiano sempre più stantio e autoreferenziale.
Se la Rai vuole davvero avvicinare il pubblico, deve smettere di guardare al passato e iniziare a investire sul futuro. Il giornalismo italiano ha bisogno di nuove energie, non dell’ennesima passerella per volti che abbiamo già visto e sentito fin troppo.