Ferrara celebra Achille Funi, un maestro del Novecento tra storia e mito

Ferrara celebra Achille Funi, un maestro del Novecento tra storia e mito

di Giuseppe MASSIMINI

Da protagonista ha attraversato i principali movimenti che hanno caratterizzato la cultura italiana della prima metà del Novecento. Dopo essersi distinto nell’ala moderata del futurismo, è salito alla ribalta tra i grandi interpreti del Realismo magico, del moderno classicismo di “Novecento” e dell’arte murale degli anni Trenta, pur mantenendo una spiccata autonomia. Palazzo dei Diamanti a Ferrara celebra con un’ampia antologica Achille Funi (Ferrara, 1890 – Appiano Gentile, 1972), uno dei massimi maestri del Novecento italiano che ha saputo celebrare «l’eternità della vita nell’arte» attingendo ai valori formali della tradizione figurativa antica come al linguaggio più attuale di Cézanne, Picasso, Derain, de Chirico. La mostra, Achille Funi. Un maestro del Novecento tra storia e mito (da un’idea di Vittorio Sgarbi, a cura di Nicoletta Colombo, Serena Redaelli e Chiara Vorrasi, fino al 25 febbraio), presenta, tra dipinti ad olio e a tempera, acquerelli e disegni a carboncino e a sanguigna, i massimi capolavori dell’artista arrivati da importanti collezioni pubbliche e private, italiane e straniere. Un’occasione unica per rileggere con più di 120 opere l’intera parabola creativa del pittore ferrarese scivolato nell’ombra nel secondo dopoguerra. A dare il benvenuto ai visitatori le prime prove accademiche del giovane Funi che lasciano presto spazio alla ricerca d’avanguardia e a una fase futurista di segno moderato, scaturita dalla frequentazione di Boccioni, Carrà, Russolo e Bonzagni.

Da sinistra, Maternità e Paesaggio (Ica d’Abbazia) di Achille Funi

A testimoniare questo periodo due opere emblematiche del 1914: Uomo che scende dal tram e Il motociclista di stampo cubo-futurista. Il visitatore viene poi accompagnato attraverso le tappe del ritorno all’ordine che si sviluppa nell’Europa del dopoguerra e di cui Funi si fa interprete. Si passa dalle opere di transizione, nel segno di Cézanne e della metafisica (Genealogia, 1918-19), ai capolavori del Realismo magico che attingono alla cultura figurativa del Quattrocento e del Cinquecento ferrarese e padano. D’obbligo sostare, in questa sezione, davanti alla Maternità, sintesi perfetta tra l’antico e la semplicità del quotidiano e a L’acqua, nuovamente esposta dopo oltre un secolo. Dalla straordinaria stagione di “Novecento”, il movimento guidato da Margherita Sarfatti, si scoprono opere di qualità assoluta come la picassianaSaffo e la Lettura domenicale di cui si riconosce l’influenza di Raffaello. Il percorso prosegue con le opere degli anni Trenta e Quaranta. Con uno stile del tutto personale Funi ripropone i generi della storia dell’arte, dal ritratto alla pittura storico-mitologica, dalla natura morta, al paesaggio. Chiude la mostra una selezione dei cartoni preparatori del Mito di Ferrara, l’affresco che Funi realizzò negli anni Trenta per la Sala dell’Arengo della Residenza Municipale della città estense. Un’occasione in più per riscoprire, dopo la visita alla mostra, l’imponente impresa decorativa.

Redazione

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