Ceroli Totale. Un’ampia retrospettiva dello scultore alla GNAMC di Roma
di Giuseppe MASSIMINI
La mostra di Mario Ceroli alla GNAMC (Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea) di Roma è perfetta. Pensata proprio per un ambiente spazioso e più congeniale alla scultura molte volte sacrificata in esposizioni inusuali. Curata da Renata Cristina Mazzantini, direttrice della Galleria e Cesare Biasini Selvaggi si intitola Ceroli Totale e ripercorre, fino al’11 gennaio 2026, le tappe più significative dello scultore che ha saputo attraversare, opera dopo opera, la storia dell’arte italiana dalla Scuola di piazza del Popolo all’Arte Povera, fino ad oggi. Allo stesso tempo celebra settant’anni di carriera di un grande artista circondato da un alone internazionale. Mario Ceroli nasce a Castel Frentano (Chieti) nel 1938. Si forma all’Accademia di Belle Arti di Roma sotto la guida di Leoncillo Leonardi, Pericle Fazzini e Ettore Colla. La sua attività artistica inizia nel 1950 con i primi lavori in ceramica di gusto informale. La svolta decisiva arriva alla metà degli anni sessanta. Dalla ceramica passa al legno grezzo, un materiale povero e nobile. E da quel legno nascono le figure-sagome, spesso ripetute in modo seriale, essenzialmente bidimensionale dove il compito volumetrico è affidato alle ombre portate che il lavoro proietta. A ruota arriva anche la scenografia ,con una serie di trovate sempre nuove, come le scene per il Riccardo III di Shakespeare, per il Teatro Stabile di Torino con la regia di Luca Ronconi. La mostra, articolata nelle dieci sale della galleria, presenta venti capolavori, di cui alcuni inediti, provenienti dalle collezioni della GNAMC, dell’artista e da Banca Ifis. Il percorso prende avvio con Ultima Cena (1965) e Le bandiere di tutto il mondo (1968), inserite all’interno del nuovo allestimento delle collezioni della Galleria Nazionale e prosegue con Mangiafuoco (1990) una sorprendente scultura inedita costituita da assi (il volto) e filamenti di legno (i capelli dalla folta chioma) ottenuti dai filamenti di altri lavori.

Da una sala all’altra sfilano altri capolavori. Esposta per la prima voltaLa tela di Penelope (1992), realizzata con spaghi e barrette di terracotta, ispirata all’infanzia dell’artista vissuta nel paese di Castel Frentano, in casa della nonna materna, Filomena, quotidianamente intenta alla tessitura del telaio. Anche Primavera, un parallelepipedo formato dall’accostamento di travi di legno dalla punta aguzza, è un’altra pagina della sua adolescenza trascorsa nei giardini all’italiana di Palazzo Farnese a Caprarola. Proseguendo si viene inghiottito da una delle sue opere più spettacolari sulla rivisitazione della storia dell’arte: La battaglia (1978) ispirata ai tre pannelli della celebre Battaglia di San Romano di Paolo Uccello. Lo sguardo poi si posa su La Cina (1966) rilevante per due aspetti principali della poetica di Ceroli: il legame con l’Arte Povera e con la Pop Art evidente nella serialità e ripetitività delle sagome. Poi altre opere storiche: Balcone (1966), un brano di architettura; Noi Europa, figlia del libro(2006) che segna l’avvio della ricerca di Ceroli sul tema più tradizionale della scultura a tuttotondo e Composizione del 1957-1958. Gran finale con Progetto per la pace (1969), una installazione monumentale di bandiere bianche su una superficie di sabbia, decisamente attuale.