Lichtenstein e la Pop Art americana

Lichtenstein e la Pop Art americana

di Giuseppe MASSIMINI

La mostra alla Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo, Parma, confronta le opere del maestro con quelle degli altri protagonisti di questa celebre stagione artistica.




Non è solo una bella mostra. E’ qualcosa di più. Ha il merito di riunire le opere di Roy Lichtenstein, con una particolare attenzione alla formidabile produzione grafica e quelle di Andy Warhol, altra figura iconica dell’arte del secondo Novecento, con i lavori di altri grandi protagonisti della Pop Art americana che insieme a loro occuparono la scena artistica a partire dagli anni ’60. La Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo, Parma, ospita nella Villa dei Capolavori la mostra “Lichtenstein e la Pop Art americana” (a cura di Walter Guadagnini e Stefano Roffi, catalogo Silvana Editoriale, fino al 9 dicembre).




A differenza di Warhol che preleva l’immagine dai circuiti dell’informazione di massa, Lichtenstein si appropria del linguaggio dei più banali fumetti riprodotti e ingranditi come quadri. La mostra è articolata in tre sezioni. La prima, “Il mondo del fumetto e della pubblicità” è dedicata alla stagione iniziale della Pop Art, 1960-1965, rappresentata in mostra da autentici capolavori di Lichtenstein come “Little aloha” (1962) e “Bail of Twine” (1963) ma anche da una rarissima opera degli inizi “VIIP” (1962) e da una strepitosa serie di opere grafiche, tra cui spicca”Crying Girl” (1963), tratte dai primi personaggi dei Cartoons disneyani e dalle celeberrime tavole derivate dai romanzi a fumetti. Per raccontare la nuova arte, si confrontano con le opere di Lichtenstein, importanti lavori di Warhol, di Mel Ramos, di Allan D’Arcangelo, di Tom Wesselmann, di James Rosenquist e di Robert Indiana. La seconda sezione, “Storia dell’arte e Astrazione ” si sofferma su un’altra strada della sua ricerca condotta sulle tracce della storia dell’arte.

Da sinistra, Crying girl di Roy Lichtenstein e Four di Robert Indiana




Uno sguardo all’arte “Alta”, spiega in catalogo Stefano Roffi. Rielabora Picasso, Matisse, Monet, Cézanne, Léger, Mondrian. Ma “non li copiò, bensì se ne appropriò, con riproduzioni a colori piatti, immagini bidimensionali ingrandite, in pratica dei nuovi originali, con la simulazione del retino tipografico a pallini un po’ simili al pointillisme, grazie all’uso dei punti Ben-Day”. Con stile si ispirò anche al surrealismo come la celeberrima “Girl with Tear” (1977) che giunge in via straordinaria dalla Fondation Beyeler di Basilea. Ancora una volta le opere di Lichtenstein si affiancano a quelle dei suoi contemporanei. Esemplari le astrazioni numeriche e letterarie di Robert Indiana con un prezioso “Four” degli anni sessanta e una celebre scultura “Love” così come il ciclo “Flowers” di Andy Warhol. L’ultima sezione “Dentro lo studio dell’artista” è punteggiata da una serie di fotografie di Ugo Mulas e Aurelio Amendola realizzate nello studio dell’artista negli anni sessanta e settanta.




Redazione

Il sito del settimanale 'Nuovo Corriere Laziale' testata che segue lo sport giovanile e dilettantistico della regione Lazio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *