Al Mart di Rovereto Etruschi del Novecento

di Giuseppe MASSIMINI
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento importanti campagne archeologiche portarono alla luce i resti di antiche città e di misteriose necropoli etrusche che ispirarono l’opera di alcuni tra i maggiori artisti e intellettuali del XX secolo. A seguito di questi ritrovamenti e dopo il rinvenimento dell’Apollo di Veio nel 1916 (la scultura del IV sec. a.C. in terracotta dipinta, alta quasi due metri, è conservata, oggi, a Museo di Valle Giulia a Roma) si diffuse una vera e propria “etruscomania”. In quegli anni a visitare i musei e i siti archeologici furono soprattutto gli artisti attratti dallo stile sintetico ed espressivo dell’arte etrusca, contrapposta alla classicità greca e romana. Questo affascinante periodo della storia dell’arte è raccontata oggi nella mostra Etruschi del Novecento aperta fino al 16 marzo al Mart di Rovereto e dal 2 aprile alla Fondazione Luigi Rovati a Milano (a cura di Lucia Mannini, Anna Mazzanti, Alessandra Tiddia e Giulio Paolucci). Articolata in più sezioni tematiche presenta oltre 200 opere messe in dialogo con grandi capolavori dell’arte moderna e preziosi reperti archeologici a cui si aggiungono decine di documenti, libri, fotografie, riviste. L’Etrusco, di Michelangelo Pistoletto, come un portale apre il percorso espositivo. Si prosegue con un ideale viaggio in Etruria sulle orme di archeologi e artisti ripercorrendo alcune tappe di questa antica civiltà.

Subito si avverte la suggestione esercitata dalle statue di Veio nelle sculture di Libero Andreotti, Antoine Bourdelle e André Derain caratterizzate da un gusto arcaico. Così come i vasi canopi, contraddistinti da un coperchio modellato in forma di testa e, talvolta, da manici-braccia, affascinarono molti artisti nel corso del 900. Tra le testimonianze più esemplari che la mostra propone un repertorio di figure ad anfora dipinte da Massimo Campigli: nel 1928 in occasione di una sua visita al Museo di Villa Giulia, la sua ricerca trovò una soluzione precisa nell’incontro con l’arte etrusca tra mito e realtà quotidiana. Non meno interessante l’originale busto scultoreo nei ritratti che Manzù fa alla moglie Inge dove il corpo diventa vaso. Tra gli altri artisti, contagiati dall’arte etrusca, che incontriamo lungo il percorso, Alberto Giacometti, Marino Marini e Leoncillo. Di quest’ultimo la scultura Amanti antichi ispirata al celebre Sarcofago degli sposi del museo Valle Giulia. La “febbre etrusca” investì anche le arti decorative e gli ornamenti femminili stimolando la fantasia di Duilio Gambellotti, Fausto Melotti e Gio Ponti. Chiude il percorso la sezione dedicata alla Chimera di Arezzo, indisponibile al prestito e ricordata in mostra da una versione più piccola, si confronta con i lavori di Mirko Basaldella e di Arturo Martini. Spicca la gigantesca Chimera di Mario Schifano, una grande tela realizzata nella piazza della Santissima Annunziata a Firenze di fronte a oltre seimila persone e commentata in diretta da Achille Bonito Oliva nella notte del 16 maggio del 1985 in coincidenza con l’inaugurazione delle mostre Civiltà degli Etruschi e Fortuna degli Etruschi.