Francis Bacon. Ritratti e autoritratti alla Fondation Gianadda a Martigny

Francis Bacon. Ritratti e autoritratti alla Fondation Gianadda a Martigny

di Giuseppe MASSIMINI

Di fronte alla Crocifissione di Cimabue in Santa Croce a Firenze, Bacon dichiarò che gli sembrava vedere un enorme corpo vermiforme che scivolava dalla croce. E la stessa grottesca visionarietà animò le sue opere, in cui l’uomo appare “carne senza scheletro”, immerso in totale solitudine. La Fondazione Pierre Gianadda a Martigny ospita, fino all’8 giugno, la mostra Francis Bacon: Presenza umana, realizzata in collaborazione con la National Portrait Gallery di Londra e firmata da Rosie Broadley. Inglese, di origine irlandese, anche Bacon (Dublino 1909- Madrid 1992 ), come del resto accade ai grandi artisti, sfugge a scuole e tendenze. Considerato una delle figure più potenti e sconvolgenti del XX secolo, la sua opera è il ritratto di un genio, complesso e difficile che cerca di catturare la realtà nel suo punto oscuro. Autodidatta, omosessuale, emarginato e ateo, si è dedicato alla pittura soltanto dopo gli anni venti, profondamente colpito da una mostra di Picasso surrealista a Parigi. Ha lavorato in isolamento, quasi completo, durante gli anni formativi sviluppando stili figurativi che furono caratteristicamente suoi . La mostra, articolata in cinque sezioni tematiche (La forma dei ritratti Oltre la forma Dipinti ispirati ai Maestri Autoritratti Amici e amanti) esplora, con oltre trenta opere provenienti da prestigiose raccolte pubbliche e private, il suo intenso rapporto con la complessità della ritrattistica in un percorso che evidenzia la sua interpretazione dei grandi artisti del passato.

Da sinistra, studio di Muriel Belcher e Head VI di Francis Bacon

L’esposizione prende avvio da una selezione di dipinti della fine degli anni quaranta, figure maschili anonime che esprimono la loro sofferenza urlando e prosegue con i ritratti, dipinti dal vivo, dei suoi mecenati e collezionisti Robert e Lisa Sainsbury, nonché del suo amico, l’artista Lucian Freud. Il suo modello per gli studi di ritratti fu quello di Papa Innocenzo X di Vélasquez del 1650 rivisitato più volte in una cinquantina di versioni a partire dall’agghiacciante Head VI del 1949. Altro maestro venerato da Bacon fu Rembrandt ammirato per il suo stile “anti-illustrativo”. ComeRembrandt, Bacon si dedicò per tutta la vita all’autoritratto, dipingendo il proprio volto più di cinquanta volte nel corso della sua carriera, spaziando da teste di piccolo formato alla rappresentazione a figura intera realizzata su grandi trittici. La mostra si chiude con i ritratti più personali. Molti di questi rappresentano colleghi, amici intimi e i suoi amanti. Hanno un carattere più autobiografico rispetto alle opere precedenti e in certi casi alludono ad avvenimenti più specifici della sua vita come il suicidio dell’amico George Dyer. Un’ultima considerazione. Pur apprezzando l’immediatezza della pittura dal vivo, altra fonte stilistica fu l’immagine fotografica. Gli ultimi dipinti, infatti, non vennero eseguiti dal vivo, ma a memoria o con l’aiuto di una serie di fotografie scattate appositamente per lui dall’ex fotografo di Vogue, John Deakin che ritroviamo in mostra ad arricchire il percorso espositivo.

Redazione

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