Scolpire il volo. Brancusi al Parco archeologico del Colosseo

Scolpire il volo. Brancusi al Parco archeologico del Colosseo

di Giuseppe MASSIMINI

Profondo conoscitore dell’arte popolare rumena dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bucarest, nel 1904 si trasferì a Parigi dove entrò in contatto con gli ambienti delle avanguardie. Agli inizi Rodin e gli impressionisti. In seguito la scultura africana e preistorica giungendo, infine, ad una semplificazione essenziale della forma. Non fu solo scultore ma anche fotografo e negli anni Venti e Trenta si dedicò al cinema. Parliamo di Costantin Brancusi (Hobita 1876-Parigi 1957) il grande artista rumeno, padre della scultura moderna, oggi al centro di una significativa esposizione proposta dal Parco archeologico del Colosseo, in co-organizzazione con il Centre National d’art et de la culture Georges Pompidou di Parigi. Lamostra, Brancusi: scolpire il volo, curata da Alfonsina Russo, Philippe-Alain Michaud, Maria LauraCavaliere e Daniele Fortuna, e articolata, fino all’11 maggio, all’interno delle Uccelliere Farnesiane, presenta uno dei temi più cari della produzione dell’artista legata al tema degli uccelli e del volo. “Non è l’uccello che voglio rappresentare, ma il dono, il volo, lo slancio”. Nella prima sezione, dedicata allascultura, possiamo apprezzare tre opere emblematiche della sua ricerca. Spiccano Il Gallo (Le Coq) 1935,L’Uccellino (L’Oiselet) 1928 e Leda 1920/1926 circa. Brancusi elimina qualsiasi tipo di dettaglio. Non vuole descrivere di fantasia l’uccello ma dargli solo una forma plastica che implichi tutte le variazioni possibili in modo da dare alla materia solida la qualità imponderabile della luce. A queste opere, provenientidal Centre National Pompidou, si aggiunge una selezione di statue, balsamari, are e sonagli di età romana, provenienti dal Museo Nazionale Romano, dal Museo Archeologico Nazionale di Venezia e dal MuseoNazionale Etrusco di Villa Giulia, che raccontano di come le espressioni artistiche del passato abbiano influenzato la cultura visiva di Brancusi. La seconda sezione indaga sull’utilizzo del medium fotografico, come espressione artistica e di ricerca per esaltare le qualità plastiche delle sue sculture, oltre che per documentarle.

Una veduta della mostra (foto Simona Murrone)

La fotografia e il cinema furono per Brancusi strumenti per catturare il carattere effimero e frammentario della scultura, che sfuggiva a una percezione totale della forma. Nel suo atelier mette in scena le sue opere con composizioni ricercate variando gli angoli di ripresa, illuminazioni e inquadratura. Nelle fotografie e sequenze filmate ricorre all’uso di sfuocature, sovrapposizioni o imperfezioni di stampa ritenendo che proprio queste caratteristiche fossero idonee a rappresentare la sua opera nel modo più autentico. Un’ultima considerazione. Visitando la mostra si avverte come nonostante Brancusi abbia lavorato nel più austero isolamento può essere considerato come il punto di partenza di Arp e di Moore. E senza alcun dubbio di tutta la scultura moderna.

Redazione

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